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Nel mese di luglio 2019 è stato scritto un post!
Problemi con la vita
scritto da un filo che vuole restare anonimo il 01/07/2019 alle 00:48
Ciao a tutti. Non sapevo che titolo dare al post, perché in questo post vi parlerò della mia esperienza con la vita, con le mie emozioni, con il farmaco che prendo per non sentirmi a terra. Vi parlerò del fatto che a volte mi sento spaesata tra il passato e il futuro e non mi rendo conto di chi sono. Avrei voluto chiamare questo post "Confusione", o "non sentirsi abbastanza" o forse "semplice adolescenza". Non so se tutti vivano la propria adolescenza come la vivo io, ma molti mi dicono che sono solo in un periodo delicato, anche se io non sono d'accordo.
Alla fine ho scelto questo titolo perchè mi piaceva.
Quando ho iniziato la prima elementare non parlavo. Non riuscivo a parlare. Non sapevo che il mio problema si chiamasse "ansia". Sapevo solo che quando ero in mezzo alle persone mi sentivo morire e sentivo il cuore battermi all'impazzata e non sapevo perché. Non dipendeva da me. Mia madre sembrava delusa da me e io mi sentivo in colpa per ciò che stavo provando. Tante volte mi hanno chiesto cosa avessi. Io non lo sapevo.
La psicologa da cui andavo mi sgridava per questo motivo e io mi sentivo ancora peggio. Peccato che non sapessi di dover avere a che fare in futuro con psicologi ancora più incapaci.
Un giorno a scuola mi misi a parlare tranquillamente. Così, dal nulla.. per tutti ero finalmente guarita, ma in realtà il batticuore e quella sensazione erano rimasti ancora, solo che pensavo fossero parte di me.
Gli anni sono passati e nel frattempo ho finto di vivere come tutti i bambini, nonostante alle medie mi prendessero in giro. Poi ho iniziato le superiori. Quando avevo 14 anni mi piaceva un ragazzo, ma lui mi ha rifiutato e ho provato un'emozione così intensa che non saprei spiegarla. Quel giorno mi sono fatta del male e mi sono sentita meglio. Ne avevo bisogno, le mie emozioni erano troppo grandi, e io non ero abbastanza bella e quindi nella mia testa meritavo di essere punita. Non riuscivo a vivere con quel senso di colpa e quella sensazione di vergogna per me stessa, senza prendere "provvedimenti". Era una cosa stupida, era solo una stupida cotta. Ci sono miliardi di ragazzini al mondo, perché farsi del male per uno? E poi ci sono problemi più importanti.
Non lo so, ed è per questo che non ne ho parlato con nessuno: per non sentirmi dire questa frase.
Quell'anno mi venne il primo attacco di ansia: tutto il corpo mi formicolava e non sentivo più al tatto e la vista mi si era annebbiata. Pensavo che avessi qualche problema di salute.
I mesi passano, e nonostante non vedessi più quel ragazzo, continuavo ad autolesionarmi. Più lo facevo, e più ne sentivo l'impulso. Finché ad un certo punto fu quell'impulso a controllare me.
Forse il problema non era quel ragazzo, ma era tutto. Mi odiavo sempre di più, mi vedevo brutta, non vedevo l'ora di poter compiere 18 anni e rifarmi il naso. Avevo ideato un piano per dimagrire il mio viso, perché lo vedevo grosso. Ero ossessionata dall'aspetto fisico.
Non sono mai riuscita a distinguere bene le emozioni che provavo, la chiamavo solo "apatia". Per me vivevo solo in una costante apatia in allerta. Non sapevo se fosse tristezza, ansia, emozione, paura. Sapevo solo di stare male, e calmavo tutto facendomi male. Mi sentivo esattamente come quando piangi e ti senti sfogato.
Avevo assimilato il concetto sbagliato su come fosse giusto sfogare le emozioni e il mio corpo si abituava sempre di più.
Ho continuato per due anni, con pause di alcuni mesi. Più il tempo passava, più l'ansia aumentava. Ogni giorno mi svegliavo con il costante terrore che accadesse qualcosa di brutto e io dovevo stare attenta, io pensavo pensavo pensavo e mi concentravo su una paura, forse inesistente. Poi un giorno mi sono fatta più male del solito e sono svenuta. Da lì ho avuto la risposta che cercavo da 10 anni: disturbo ansioso depressivo.
Non mi faccio più male da tanto tanto tempo. Un paio di mesi fa stavo così male da esserci ricaduta, ma il mio corpo e la mia mente fortunatamente non erano più abituati a sfogare il dolore in quel modo, e mi ha fatto un male assurdo. Non mi ha aiutato per niente, sentivo che era diventato un atteggiamento anormale e un po' ero risollevata, perché voleva dire che stavo guarendo.
È stato davvero brutto ragazzi. Sembra una cosa stupida, molte volte su questo argomento ho sentito dire "non ha senso, si fa solo per attirare l'attenzione, è impossibile sentirsi meglio facendosi del male". So che sembra assurdo pensare che un atto del genere possa essere usato come mezzo di sfogo, ma a volte è così. E io inizialmente, quando la mia famiglia venne a sapere di tutto e mi aiutarono ad uscirne, ho passato dei momenti difficili. Stavo male, mi sentivo vuota e senza emozioni, sentivo il bisogno di farmi del male. Era come se la mia pelle mi chiamasse. Ero sotto il controllo di quello strano bisogno, ero sotto il controllo di un mostro apparentemente più grande di me. Mi sentivo come in astinenza. Ma la soluzione è stata distrarmi, ed è stato in quel momento che ho capito di non essere capitata nella famiglia sbagliata, ma per niente. Mia madre mi ha trasmesso lo stesso coraggio che ha avuto lei e mio fratello ha saputo darmi la comprensione di cui avevo bisogno, perché anche lui c'era passato. Forse l'ansia nella nostra famiglia è genetica.
Non tutti sono aperti a questi discorsi e altri genitori o fratelli mi avrebbero detto che sono viziata, che ho un tetto sopra la testa e del pane ogni giorno e quindi non devo stare male per queste sciocchezze. Le poche persone con cui mi sono confidata hanno detto la stessa cosa. Mi hanno detto "ma non pensarci, l'ansia la crei tu". In realtà non è così, e comprendo queste persone, ma ci dovrebbe essere più apertura mentale. Questi tipi di problemi esistono e non sono solo vizi di adolescenti un po' tristi, altrimenti gli psicologi non esisterebbero. E l'unica cosa che fino a quel momento mi era sembrata sbagliata, si era rivelata in realtà l'unica giusta: la mia famiglia mi ha compreso come mai mi sarei aspettata.
Ora non va tutto bene, anzi, anche mentre sto scrivendo questo post provo molta ansia. Ogni mattina mi sveglio e mi sembra di vedere il nulla assoluto. Non ci capisco più niente. Non so che senso ha tutto questo. Non ha senso. Però comunque non è niente di così invalidante: quando sono fuori casa non ci penso e sto bene.
A volte sono scoppiata a piangere senza alcun motivo e non riuscivo a spiegare che mi sentivo letteralmente distaccata da me stessa e dal mondo a causa dell'ansia, a volte mi sono venuti attacchi di ansia in pubblico e sarei voluta sprofondare. Tante volte ho dovuto dare buca a qualche mio amico perché avevo troppa paura di affrontare una situazione, e preferivo evitarla. Ma ognuno ha i suoi problemi e il mio è questo. Ne ho parlato sia perché stasera provavo la stessa tristezza di cui ho appena parlato, nonostante fosse da tanto che non la sentivo più, e sia perché ho pensato che qualcuno che ha avuto o sta avendo questo tipo di problemi potrà sentirsi capito o meno solo. È importante parlare e non tenersi mai le cose dentro: bisogna chiedere aiuto, quando ne abbiamo bisogno.
Alla fine ho scelto questo titolo perchè mi piaceva.
Quando ho iniziato la prima elementare non parlavo. Non riuscivo a parlare. Non sapevo che il mio problema si chiamasse "ansia". Sapevo solo che quando ero in mezzo alle persone mi sentivo morire e sentivo il cuore battermi all'impazzata e non sapevo perché. Non dipendeva da me. Mia madre sembrava delusa da me e io mi sentivo in colpa per ciò che stavo provando. Tante volte mi hanno chiesto cosa avessi. Io non lo sapevo.
La psicologa da cui andavo mi sgridava per questo motivo e io mi sentivo ancora peggio. Peccato che non sapessi di dover avere a che fare in futuro con psicologi ancora più incapaci.
Un giorno a scuola mi misi a parlare tranquillamente. Così, dal nulla.. per tutti ero finalmente guarita, ma in realtà il batticuore e quella sensazione erano rimasti ancora, solo che pensavo fossero parte di me.
Gli anni sono passati e nel frattempo ho finto di vivere come tutti i bambini, nonostante alle medie mi prendessero in giro. Poi ho iniziato le superiori. Quando avevo 14 anni mi piaceva un ragazzo, ma lui mi ha rifiutato e ho provato un'emozione così intensa che non saprei spiegarla. Quel giorno mi sono fatta del male e mi sono sentita meglio. Ne avevo bisogno, le mie emozioni erano troppo grandi, e io non ero abbastanza bella e quindi nella mia testa meritavo di essere punita. Non riuscivo a vivere con quel senso di colpa e quella sensazione di vergogna per me stessa, senza prendere "provvedimenti". Era una cosa stupida, era solo una stupida cotta. Ci sono miliardi di ragazzini al mondo, perché farsi del male per uno? E poi ci sono problemi più importanti.
Non lo so, ed è per questo che non ne ho parlato con nessuno: per non sentirmi dire questa frase.
Quell'anno mi venne il primo attacco di ansia: tutto il corpo mi formicolava e non sentivo più al tatto e la vista mi si era annebbiata. Pensavo che avessi qualche problema di salute.
I mesi passano, e nonostante non vedessi più quel ragazzo, continuavo ad autolesionarmi. Più lo facevo, e più ne sentivo l'impulso. Finché ad un certo punto fu quell'impulso a controllare me.
Forse il problema non era quel ragazzo, ma era tutto. Mi odiavo sempre di più, mi vedevo brutta, non vedevo l'ora di poter compiere 18 anni e rifarmi il naso. Avevo ideato un piano per dimagrire il mio viso, perché lo vedevo grosso. Ero ossessionata dall'aspetto fisico.
Non sono mai riuscita a distinguere bene le emozioni che provavo, la chiamavo solo "apatia". Per me vivevo solo in una costante apatia in allerta. Non sapevo se fosse tristezza, ansia, emozione, paura. Sapevo solo di stare male, e calmavo tutto facendomi male. Mi sentivo esattamente come quando piangi e ti senti sfogato.
Avevo assimilato il concetto sbagliato su come fosse giusto sfogare le emozioni e il mio corpo si abituava sempre di più.
Ho continuato per due anni, con pause di alcuni mesi. Più il tempo passava, più l'ansia aumentava. Ogni giorno mi svegliavo con il costante terrore che accadesse qualcosa di brutto e io dovevo stare attenta, io pensavo pensavo pensavo e mi concentravo su una paura, forse inesistente. Poi un giorno mi sono fatta più male del solito e sono svenuta. Da lì ho avuto la risposta che cercavo da 10 anni: disturbo ansioso depressivo.
Non mi faccio più male da tanto tanto tempo. Un paio di mesi fa stavo così male da esserci ricaduta, ma il mio corpo e la mia mente fortunatamente non erano più abituati a sfogare il dolore in quel modo, e mi ha fatto un male assurdo. Non mi ha aiutato per niente, sentivo che era diventato un atteggiamento anormale e un po' ero risollevata, perché voleva dire che stavo guarendo.
È stato davvero brutto ragazzi. Sembra una cosa stupida, molte volte su questo argomento ho sentito dire "non ha senso, si fa solo per attirare l'attenzione, è impossibile sentirsi meglio facendosi del male". So che sembra assurdo pensare che un atto del genere possa essere usato come mezzo di sfogo, ma a volte è così. E io inizialmente, quando la mia famiglia venne a sapere di tutto e mi aiutarono ad uscirne, ho passato dei momenti difficili. Stavo male, mi sentivo vuota e senza emozioni, sentivo il bisogno di farmi del male. Era come se la mia pelle mi chiamasse. Ero sotto il controllo di quello strano bisogno, ero sotto il controllo di un mostro apparentemente più grande di me. Mi sentivo come in astinenza. Ma la soluzione è stata distrarmi, ed è stato in quel momento che ho capito di non essere capitata nella famiglia sbagliata, ma per niente. Mia madre mi ha trasmesso lo stesso coraggio che ha avuto lei e mio fratello ha saputo darmi la comprensione di cui avevo bisogno, perché anche lui c'era passato. Forse l'ansia nella nostra famiglia è genetica.
Non tutti sono aperti a questi discorsi e altri genitori o fratelli mi avrebbero detto che sono viziata, che ho un tetto sopra la testa e del pane ogni giorno e quindi non devo stare male per queste sciocchezze. Le poche persone con cui mi sono confidata hanno detto la stessa cosa. Mi hanno detto "ma non pensarci, l'ansia la crei tu". In realtà non è così, e comprendo queste persone, ma ci dovrebbe essere più apertura mentale. Questi tipi di problemi esistono e non sono solo vizi di adolescenti un po' tristi, altrimenti gli psicologi non esisterebbero. E l'unica cosa che fino a quel momento mi era sembrata sbagliata, si era rivelata in realtà l'unica giusta: la mia famiglia mi ha compreso come mai mi sarei aspettata.
Ora non va tutto bene, anzi, anche mentre sto scrivendo questo post provo molta ansia. Ogni mattina mi sveglio e mi sembra di vedere il nulla assoluto. Non ci capisco più niente. Non so che senso ha tutto questo. Non ha senso. Però comunque non è niente di così invalidante: quando sono fuori casa non ci penso e sto bene.
A volte sono scoppiata a piangere senza alcun motivo e non riuscivo a spiegare che mi sentivo letteralmente distaccata da me stessa e dal mondo a causa dell'ansia, a volte mi sono venuti attacchi di ansia in pubblico e sarei voluta sprofondare. Tante volte ho dovuto dare buca a qualche mio amico perché avevo troppa paura di affrontare una situazione, e preferivo evitarla. Ma ognuno ha i suoi problemi e il mio è questo. Ne ho parlato sia perché stasera provavo la stessa tristezza di cui ho appena parlato, nonostante fosse da tanto che non la sentivo più, e sia perché ho pensato che qualcuno che ha avuto o sta avendo questo tipo di problemi potrà sentirsi capito o meno solo. È importante parlare e non tenersi mai le cose dentro: bisogna chiedere aiuto, quando ne abbiamo bisogno.
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