Fiabe e racconti
Un cuore grande così
Racconto scritto da don Nereo
La bambina, di circa sette anni, scendeva allegramente dalla sua povera baracca tra le rocce e gli arbusti del monte verso Nazareth. Spingeva con attenzione un carrettino su cui era fissato l'otre del latte di capra che portava ogni giorno al paese sottostante. Conosceva molto bene quella specie di sentiero che si snodava tra molti sassi, ma era impossibile evitarli tutti, sicché il carrettino sobbalzava sempre pericolosamente.
E quel giorno l'asse di una ruota cedette di schianto. La piccina
scoppiò in pianto, ma poi si fece animo e, poiché ormai era
vicina al paesetto, trascinò carrettino e otre fino alle prime case
dove qualche buon'anima la aiutò ad arrivare dove era attesa per il
latte. Una donna le suggerì:
«Vai dal nostro falegname. È bravo e certamente potrà
aggiustare il tuo carrettino. Abita giù a quella casa; non puoi
sbagliarti: vedrai legname e attrezzi attorno al suo laboratorio.»
La bambina trascinò ancora il suo carretto finché sbucò davanti alla falegnameria. Lì all'aperto c'era un bel giovanottone sui venti-venticinque anni, chinato sul tavolo da lavoro, intento a piallare lo spigolo di una tavola. A ridosso della casa, un uomo stava riordinando con mano sicura il legname addossato al muro. Presso la porta, seduta su uno sgabello, una donna dai lineamenti molto delicati rammendava un grembiulone da lavoro.
Il giovanotto si accorse per primo della nuova arrivata; si interruppe,
le rivolse un largo sorriso e disse:
«Ohi ohi, piccina mia! Sei nei guai a quanto vedo. Vieni, vieni;
troveremo un rimedio. Come ti chiami?»
«Miriam», rispose la piccola rinfrancata da quella
accoglienza cordiale. Il giovanotto sorrise ancora esclamando:
«Miriam! Come la mia mamma». La donna alzò lo sguardo
dolce e pieno di pace; i suoi occhi sorrisero come le sue labbra,
rivolgendo alla piccola un segno del capo.
«E costui è il mio papà, Giuseppe, il falegname. Ho
imparato tutto da lui. Io mi chiamo Gesù». Il giovane si
avvicinò alla piccina, le accarezzò un attimo la testolina
sui capelli arruffati, poi prese dalle sue mani il carrettino scassato e
concluse:
«Niente di irreparabile. Abbi un po' di pazienza e sistemiamo tutto.
Intanto puoi sederti sullo sgabello vicino alla mia mamma».
Miriam annuì e andò a sedere accanto all'altra Miriam che interruppe il suo lavoro per farle una carezza e la intrattenne affabilmente.
Intanto Giuseppe, da esperto, aveva già adocchiato il legno che
serviva, porgendolo al figlio. Lavorarono velocemente e ad arte.
«Ecco fatto!», disse Gesù.
Miriam si alzò e si avvicinò a lui.
«Sembra nuovo!», esclamò stupita.
E Gesù:
«Beh, l'ho rivisto un po' tutto; così
potrà servirti bene ancora a lungo». E lo porse alla bambina.
Lei, felice, ma un poco confusa, disse: «Però adesso non ho i
soldi per pagarti. Dovrò dirlo al mio papà e domani te li
porterò».
Gesù rivolse un'occhiata al papà suo;
sorrisero. Giuseppe fece un cenno di assenso col capo e Gesù disse:
«Non preoccuparti: è gratis!»
Miriam lo guardò stupita.
«Ma... perché?»
«Perché ti voglio bene!»
Miriam non rispose. Si avvicinò ancor più, si
aggrappò con tutte due le mani alle sue robuste braccia e si
alzò in punta di piedi. Il giovanotto capì e si chinò;
e Miriam gli stampò un bel bacione sulla guancia. Poi disse:
« Gesù, mi hai appena conosciuto e già mi vuoi bene?»
Egli le sorrise ancora e scandì lentamente:
«Sì. Con un cuore grande così» E spalancò le braccia.
Rimase così per qualche istante, mentre un'ombra gli attraversava il volto
e gli spegneva il sorriso. Il suo sguardo sembrò vagare lontano. Ma
fu un attimo; poi tornò a fissare la bimbetta felice, abbassò
le braccia per stringerla al petto.
Miriam e Giuseppe guardavano la scena e sorridevano.
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