Pierino angelo elettricista - Che "lingua" impari?
Piccoli amici, questa storiella me la raccontò il mio angioletto elettricista. Sapete, restando accanto a Gesù aveva imparato a inventare storielle utili. Quelle di Gesù i Vangeli le chiamano «parabole».
Una sera il mio amichetto mi viene a trovare mentre preparo qualcosa per un incontro dei giovani. Io sono tutto impegnato e gli bado pochino; sento che mi sta raccontando di un papà... in viaggio... Si interrompe dicendomi: «Nereo, tu non mi stai ascoltando!» Gli ribatto: «Sì, sì! Va avanti». Ma ha ragione: io bado alle mie cose che mi sembrano ben più importanti. Tace un bel po', tanto che, meravigliato, alzo gli occhi dalle mie carte e lo vedo piuttosto deluso, quasi imbronciato. «Scusami - gli dico - sono scortese e maleducato stasera, ma vedi: ho un tema urgente e importante da preparare per i giovani.» «E io volevo aiutarti», mi risponde. Facciamo pace e allora mi ripete in sintesi quello che io non avevo sentito.
«C'era una volta un papà che aveva due figli gemelli di tre
anni. La loro mamma purtroppo era morta, cosicché il brav'uomo era
rimasto solo a curare la loro crescita. Quel papà era ingegnere
minerario e la grossa ditta per cui lavorava lo mandò in un paese
africano per delle ricerche con un impegno di dieci anni. L'ingegnere non
poté fare altro che portare in Africa anche i figlioli. Appena
possibile, li mandò in una scuola dove si studiava anche la lingua
italiana. Il buon papà raccomandava loro molto spesso di imparare
bene l'italiano perché sarebbero tornati a casa appena adempiuto il
contratto. Egli stesso parlava loro in italiano, ma poteva farlo assai di
rado a causa del lavoro che lo teneva lontano per settimane intere.
Così accadde che Marco, il più vivace dei gemelli,
trascurasse la scuola e passasse gran parte del tempo con gli amichetti
africani; così sentiva e imparava solo il dialetto di quel Paese,
dimenticando anche quel poco di lingua paterna che aveva appreso nei primi
anni di vita. Suo fratello Giulio, invece, obbediente al papà,
studiava molto bene anche la lingua italiana e, quando il papà era a
casa, approfittava per parlare tanto con lui. La conclusione fu che,
quando finalmente finirono i dieci anni in quel disagiato e povero Paese
africano, tornati in Italia, Giulio si inserì magnificamente
nell'ambiente e con i nuovi amici, mentre Marco faticò un mondo,
rimanendo a lungo isolato.» Silenzio!
«E con ciò?», concludo io. E l'angioletto elettricista: «Con ciò non hai capito niente! Prova a pensare se quel papà fosse Dio, se Marco e Giulio fossero i ragazzi della tua parrocchia... Ci sono i «Giulio» che crescono imparando il linguaggio di Dio; ci sono i «Marco» che non pregano, non crescono nella fede, snobbano la chiesa e i gruppi giovanili... Come credi che si troveranno quando, in mia compagnia, torneranno a Casa, lassù? Potrò portarli a illuminare il Paradiso?...» «Ho capito. Grazie!», gli rispondo.
Ed è così, amici miei, che ho buttato tutti i fogli che stavo scarabocchiando e vi ho narrato questa «parabola» del mio angioletto. Sono certo che la capirete anche voi.