Fiabe e racconti
Malùk, l'asinello di Nazareth
Racconto scritto da don Nereo
Amici miei, ritorna la Notte santa e magica; notte in cui le stelle si abbassano a guardare la Terra, il tempo trattiene il respiro e gli animali, molto sottovoce, parlano.
In una di queste Notti ho udito un povero asinello raccontare a una
marmaglia di pecore, oche, conigli..., tutti attentissimi, la più
bella vicenda degli antenati della sua famiglia. Diceva:
«Noi poveri asini siamo sempre disprezzati e maltrattati, ma una sera
lontana nel tempo, il nostro antenato Malùk fu più importante
di tutti gli animali e anche di tantissimi uomini.»
Malùk, che era di Nazareth, in Palestina, era in viaggio già da tre giorni con i suoi padroni, Giuseppe e Maria, che lo avevano comprato da poco. Giuseppe, giovanotto allegro e robusto, gli camminava davanti o a fianco tenendo la mano della sua giovane sposa seduta in groppa a Malùk. Parlavano sempre del loro figlio che doveva nascere da un giorno all'altro. Malùk, sentendo tutti i discorsi, imparò subito a stimare e amare i suoi padroni, anche perché erano molto gentili con lui. Si disse che doveva collaborare per far nascere il bambino in una bella e calda casa, magari in una reggia, perché i genitori erano discendenti del re Davide e perché ogni bimbo che nasce è un re per papà e mamma.
Così trotterellò veloce fino a Gerusalemme e, strattonando Giuseppe, giunse vicino al palazzo di Erode. Però Giuseppe, tirando la briglia, ripeteva: «Quello non è posto per noi. La nostra meta è Betlemme, la patria di Davide».
Maria sembrava molto stanca, Malùk non s'impuntò e
sgambettò in fretta fino a Betlemme. Era ormai sera, ma c'era ancora
gran movimento. Malùk vide alcune belle ville e s'arrestò
pensando:
«Qui può nascere degnamente un figlio di re».
Giuseppe, che quasi si lasciava guidare, guardava oltre i cancelli,
scuoteva il capo e tirava avanti dolcemente il suo asinello. Poi, di fronte
agli alberghi, a case modeste e anche a povere casupole dove Giuseppe
bussava, le risposte erano scoraggianti:
«No!... È già pieno... Ancora forestieri?... Provate
più avanti... Ma lasciateci in pace!... Deve nascere un bambino? Ci
mancherebbe altro!...» E altri simili o peggiori rifiuti.
Maria taceva; si vedeva che soffriva: aveva gli occhi lucidi di pianto. Niente! Proprio nessun buco per quei due sposini e per il loro figlio. Giuseppe si era arrestato, teneva le mani di Maria nelle sue, con lo sguardo triste; sembrava indeciso.
Fu Malùk a prendere una decisione. Si disse: «Se gli uomini non sanno accogliere i loro simili, porterò i miei cari padroncini dai miei parenti. Le nostre case sono povere, ma almeno sono accoglienti e tepide».
Ragliò forte alcune volte e, appena nel silenzio udì la risposta di un fratello asino, partì al trotto verso quella parte, sfuggendo a Giuseppe. Adocchiò una grotta-stalla, gli parve abbastanza ampia e riparata, sentì l'odore caldo e pacifico degli animali che vi dormivano e vi si infilò con Maria sulla groppa. Giuseppe li raggiunse preoccupato. Gli sposi si guardarono attorno, guardarono fuori la notte buia e fredda, guardarono Malùk e sorrisero...
Fatto sta che in quella stalla riassettata e illuminata debolmente da Giuseppe, tra le sagome calde degli animali, sulla paglia coperta da qualche indumento, nacque un Bambino...
Poi fu festa grande per il neonato: arrivarono i pastori, uomini senza casa, pecore e altri animali e tanti angeli dal lontano mondo del Cielo. Giunse perfino una grande stella con la lunga coda luminosa che guidava dei saggi dall'oriente.
L'asinello Malùk era commosso e, senza accorgersi di parlare, stava raccontando a tutti, animali, angeli e pastori, la vicenda di quella giornata. Solo gli uomini dal cuore inospitale e gelido, chiusi nelle comode case di Betlemme, non lo poterono udire.
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