Fiabe e racconti
L'usignolo
Racconto scritto da don Nereo
Vide finalmente una massa scura ai piedi del pioppo e nella penombra
intuì la sua presenza. L'amico era accoccolato contro il tronco;
appoggiava la nuca su una mano che lo proteggeva dalla ruvida corteccia.
Quando lo scorse, sollevò lentamente l'altra mano in un calmo
saluto, senza rompere il silenzio.
«Ma che fai ancora qui? Giù all'incrocio ormai ci siamo
tutti».
Si avvertivano infatti il brontolio rauco di qualche motorino stuzzicato
da brevi accelerate e un confuso vociare, dominato da qualche risata.
«Siediti un minuto e ascolta.»
«Ma che vuoi che ascolti, se non c'è nessuno».
«Siamo fortunati nella nostra zona - proseguì sommessamente il giovane seduto. - Abbiamo centinaia di questi uccelli che fanno piacevoli anche le notti più buie. Io li chiamerei i 'poeti della notte'.»
Solo allora il nuovo arrivato si accorse del gorgheggio squillante di un
usignolo, poco lontano, sulla siepe. Non seppe che dire. Dopo una manciata
di secondi, l'altro proseguì, come pensando:
«È tornato già da alcuni giorni... Vorrei poter venirlo a sentire ogni sera... o almeno spesso.»
«Ma va'! - sbottò l'altro - Non vivrai di romanticismo!»
«No. Ma questo canto mi fa pensare... Penso che tante cose hanno un senso, che dovremmo ascoltare di più, far silenzio per sentire le voci più umili che sono anche le più sincere. Puoi leggerci il senso della vita, dei dolori e delle gioie del mondo... perché guardi o non guardi negli occhi la gente... la vita sarebbe diversa, più umana».
«Ma va', cretino! Vuoi fare il poeta e il filosofo adesso? Su, pianta lì le fantasticherie e andiamo che ci aspettano.» E gli prese il braccio per sollevarlo.
L'altro non fece resistenza, ma senza fretta, come un vecchio. Si stiracchiò pigro e sorridente, guardando verso la siepe e disse a mezza voce: «A domani». Poi si mosse sui passi dell'amico che s'era già avviato pensoso.
E sulla siepe l'usignolo non interruppe il suo poema.
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