Fiabe e racconti
I due pittori
Racconto scritto da don Nereo
Un giorno, un famoso pittore paesaggista, cercando nuovi soggetti da ritrarre, lasciò la città e si recò tra le montagne dolomitiche.
Fu affascinato dai verdi prati, dai boschi intensi, dalle rocce che si ergevano vertiginose sopra le valli, contro un cielo meraviglioso.
Il pittore si mise subito all'opera, sognando già di produrre un capolavoro: prese una tela, la sistemò sul cavalletto, riempì la tavolozza di colori e cominciò a spennellare entusiasta. Un occhio al paesaggio, uno alla tela... Bellissimo; ma c'era qualcosa che non quadrava e non capiva cos'era. Comunque continuava a dipingere e a ritoccare.
A un tratto si accorse che alle sue spalle c'era un signore anziano, dal portamento distinto, seduto su un ceppo, che osservava un po' il dipinto e un po' il panorama imponente. Aveva uno sguardo compiaciuto e sorridente.
Quando si accorse di essere osservato, il pittore salutò. Il signore
rispose cortesemente e aggiunse:
«Buono il suo dipinto. Si diverte? Le piace questo soggetto ricco di tonalità così varie, vivaci eppure così armoniose?». Il pittore rispose:
«Sì, il soggetto è veramente fantastico, anche nuovo per me; molto bello e pure impegnativo. Ma, da come si è espresso, mi da l'impressione di essere uno che se ne intende. Scusi, ma è un pittore anche lei?»
«Beh, ecco... Sì» fu la replica.
«Allora forse sa dirmi: c'è un qualcosa che mi sfugge nel quadro. Do una pennellata di turchino al cielo, una dorata a quelle rocce, un tocco di giallo a quel ripido prato, un verde smeraldo a quei pini... Riosservo il paesaggio e torno a ritoccare i colori appena stesi. Che cosa non va?»
L'anziano signore sorrise, si alzò dal ceppo, si avvicinò di qualche passo, osservò ancora il quadro che in realtà veniva bene, poi gentilmente disse:
«Guardi!». Si girò verso i monti indicandoli con un ampio e lento gesto del braccio.
Il pittore, con un pennello tra i denti e un altro in mano, seguì il gesto di quel signore. Quasi non s'era accorto: si andava verso il tramonto e le rocce sembravano diventate d'oro e di fuoco. I gialli ai piedi dei dirupi si erano addolciti col colore dell'ocra. Tra i boschi ora divenuti più intensi intrisi di blu, saettavano fasce di luce verde-azzurra. E il cielo percorso da qualche striscia di nuvole d'argento e piombo orlate di oro coronava in alto l'incanto.
Il pittore estasiato osservava quasi senza respirare. Sentì la
voce pacata del distinto signore che diceva:
«Io dipingo nel tempo. Ma, ora scusi, continui pure: verrà bene».
Allora il pittore si scosse dalla contemplazione che l'aveva preso e si girò; ma non vide nessuno.
La sera calava dolcemente. Il pittore levò con cura la tela dipinta e ne mise febbrilmente una nuova e si tuffò a fissare sul nuovo quadro il profilo di boschi, prati e rocce che però erano vestiti di un arcobaleno di nuovi colori.
Poi posò il pennello, guardò intensamente verso
l'orizzonte frastagliato e disse sottovoce:
«Grazie». Poi ripeté, sempre più forte: «Grazie. Graziee. Grazieee».
La voce si distese come un caldo velo sopra la valle.
Qualcuno dice che quel famoso pittore si stabilì lassù tra i monti per imparare a dipingere dal «Maestro», come lo chiama lui.
E alla fine di ogni quadro bisbiglia una preghiera.
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