Fiabe e racconti
Amore che canta
Racconto scritto da don Nereo
Si era ormai prossimi a maggio, tanti anni fa...
Gli uccelli quell'anno volevano offrire un «fioretto» particolare alla Madonna. Affissero dovunque un proclama che invitava a prepararsi con i migliori canti per una manifestazione solenne, il primo maggio, davanti a Maria accompagnata da angeli e santi.
In quei giorni preparatori si sentivano le migliori melodie tra i campi, nelle valli, sulle colline boscose, su tra le foreste di pini e più su ancora, fin sopra le vette innevate. Ogni uccello si esercitava, sceglieva le canzoni, curava la voce. Tutti potevano cantare davanti alla Madonna, anche gli uccellini più insignificanti, benché sapessero di non poter competere con i migliori cantori.
Probabilmente sarebbe risultato primo il fagiano che da ben quattro anni vinceva il festival degli uccelli. Il fagiano era stato arricchito da Dio di uno splendido piumaggio e di una altrettanto meravigliosa voce. Purtroppo però era poco amato perché, per le sue qualità, era diventato superbo e prepotente. Gareggiava ormai solo per vincere festival e concorsi di bellezza e far collezione di coppe e medaglie d'oro. Anche lui, un po' a malincuore perché non c'erano in palio medaglie, si preparò scegliendo un paio delle sue canzoni di successo e attese con noia la festa, andando qua e là a deridere i più modesti cantori. In particolare scherniva un povero uccello grigio-rossiccio, appena più grosso di un passero, già disprezzato da tutti perché poco bello e perché a malapena riusciva a farfugliare qualche nota stridula e mezza stonata.
Il poverino, che amava molto la Madonna e voleva renderle omaggio, deriso ogni volta che tentava di allenarsi, finì col rifugiarsi nel folto delle siepi sulla collina e a canticchiare sottovoce di notte. Arrivò maggio; arrivò Maria con santi e angeli. Quando fu fatta sedere sul cuscino di fiori sgargianti e profumati, si esibì per primo il coro degli angeli, fuori concorso: melodie celesti che solo in Paradiso si sentono...
Poi toccò al fringuello, alla cinciallegra, allo stornello... La
mamma di Gesù ascoltava, sorrideva e applaudiva tutti. Quando venne
il turno del misero cantore grigio-rosso, gli organizzatori sbottarono:
«Tu no! Rovini tutto!» Alle sue insistenze concessero:
«Aspetta! Vedremo se c'è tempo dopo...»
Così rimase in attesa sconsolato perché comprese che non
volevano farlo cantare. Infatti ormai si giungeva ai migliori e certo lui
avrebbe sfigurato come una stonatura tra quelli. Cantarono le loro
stupende melodie l'allodola, la capinera, il pettirosso, il merlo, il tordo,
il canarino. Rimaneva il fagiano... e lui, il povero insignificante
uccello ancor più rossiccio per la vergogna e il dispiacere. Quando
l'annunciatore disse: «E ora l'ultimo: il bello e gran
cantore...», Maria chiese cortesemente:
«E quell'uccellino lì accanto ... non canta? - e a lui -
Come ti chiami?» «Sono l'usignolo. Non ho bella voce, ma ti
voglio bene e desideravo tanto cantare per te che mi sono allenato di
nascosto, di notte...» «Ebbene, canta!», concluse
Maria.
Così l'usignolo cominciò a fischiettare timidamente qualcosa; poi prese coraggio e la voce gli uscì più sicura. Guardò un istante davanti e vide che la Madonna gli sorrideva. Allora l'usignolo dimenticò tutto e tutti, mise il cuore nella voce e gorgheggiò una cascata di note meravigliosamente toccanti come solo l'amore può far nascere. Tutti, dapprima meravigliati e poi estasiati, applaudirono e gridarono il loro entusiasmo tante e tante volte. Non avrebbero mai smesso di ascoltarlo e di applaudirlo.
Finalmente l'usignolo, quasi uscendo da un sogno, si accorse
dell'assiepamento che si era fatto attorno e tacque. Abbassò il capo,
confuso e vergognoso d'aver osato cantare, chissà con che stonature,
davanti a Maria. Lei gli disse con tanta dolcezza:
«Bravo, usignolo! L'amore ti ha insegnato a cantare. D'ora in poi
sarai il cantore dell'amore di giorno e anche di notte. Dalle tue melodie
tutti trarranno conforto e gioia.»
Da quel giorno l'usignolo riempì di festa musicale il dì e le notti di primavera, felice di sapere che Maria lo ascoltava anche dal Cielo e che le sue canzoni avrebbero portato sollievo, speranza e gioia a ogni cuore in ascolto, anche a chi veglia soffrendo nella notte.
E il fagiano? È presto detto. Inviperito per il successo
dell'usignolo, ebbe solo la forza di iniziare; ma era tanta la rabbia che
la superbia gli aveva accumulato in gola che riuscì appena a
emettere un rauco strido. Poi tacque, si girò impettito e se ne
andò.
Da quel giorno non cantò più!
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