Giulia, volontaria in ospedale
Giulia regala un sorriso ai bambini in ospedale!
Intervista realizzata da Gabriele con l'aiuto dei frequentatori del Gomitolo
- Ciao Giulia, ci parli un po' di te?
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Ho 18 anni e frequento l'ultimo anno di liceo classico in una cittadina della Puglia. Oltre allo studio in questo periodo ho ben poco tempo fra le lezioni di musica e le prove con il gruppo rock di cui faccio parte e che adoro. Oltre alla musica amo leggere ogni tipo di libro e soprattutto adoro il mio cane! Nei pochi momenti liberi faccio quello che fanno tutti i miei coetanei: chatto con le amiche su Internet, esco col mio ragazzo, cose così...
- Cosa ti ha spinta a dedicare tempo ed energie ai bambini ricoverati?
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Sembrerà banale ma... mia madre. Lei ha fatto il corso un anno prima di me e di conseguenza ha iniziato prima ad "andare in corsia", come diciamo noi.
La sera a tavola mi parlava dei malati che aveva incontrato e di come li aveva aiutati. Aveva un entusiasmo incredibile che mi ha incuriosita... si sentiva utile, una sensazione che ho spesso desiderato provare anch'io ma che per scarsa autostima ho provato raramente. Così mi son detta: mi piace la gente, mi piace aiutare gli altri con la mia "sindrome da crocerossina", mi piace sentirmi utile. Perché no?
La scelta di dedicarmi ai bambini è data dal mio amore per loro e dall'incredibile gioia che trasmettono quando sorridono. Tuttavia, questa scelta è temporanea: in futuro vorrei provare anche altri reparti e donare un sorriso anche alle persone adulte e, ancor meglio, anziane.
- Sei veramente una brava ragazza! Come sei passata dal desiderio di aiutare al volontariato attivo?
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Come ho detto mia madre ha iniziato questa esperienza prima di me quindi ho avuto in un certo senso la strada spianata, visto che mi ha indicato la data del corso e mi ha accompagnata al primo incontro.
Dopo la prima lezione (deontologia, regole e comportamenti generali da adottare) ero così entusiasta che ho portato a scuola le fotocopie dei materiali che ci avevano dato da studiare. Tre mie compagne, una dietro l'altra, si sono incuriosite e mi hanno accompagnata nell'esperienza.
Il corso a cui ho partecipato era organizzato davvero bene: oltre alla deontologia e ad incontri più formali, ne abbiamo tenuti alcuni con esperti, una psicologa, un prete e altri volontari che ci hanno raccontato la loro esperienza. Devo dire che è stato molto utile e formativo e ci ha preparati a dovere, oltre ad arricchirci personalmente.
In particolare il prete era una persona speciale che ha fatto moltissimo per gli altri: case per donne single con bambini, tentativi di "liberare" le prostitute, case per malati di AIDS e un'altra associazione che si occupa di malati terminali e di rallegrare o quanto meno rendere più leggere le loro ultime giornate.
- E così sei arrivata in ospedale. Come sono state le prime esperienze? Cosa fate per rallegrare i bambini? Hai incontrato difficoltà?
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Di difficoltà coi bambini ce ne sono poche in effetti. E' importante conquistare prima di tutto la fiducia del bambino, magari interagendo prima col genitore, e stare attenti alle parole che si usano, perché i bambini saranno pure piccoli, ma non sono stupidi, affatto: chiedergli "come stai?" sarebbe del tutto fuori luogo.
Ricordo che il primo giorno lungo la strada per l'ospedale ero agitatissima e nei giorni precedenti mi ero fatta mille domande: "sarò in grado di farlo?" "e se un bambino fa così, cosa faccio?"
In realtà ci hanno spiegato che è bene essere insicuri: non ci si può presentare in corsia con la presunzione di saper fare già tutto, anche perché una volta che entri nella stanza è tutto più semplice. Ogni bambino ha la sua personalità: c'è chi vuole essere lasciato stare, chi vuole compagnia ma vuole farsi pregare, chi invece gioca e scherza subito. Il bello, la "sfida" è proprio riuscire a rapportarsi con ogni bambino, riuscire a farlo sciogliere, a farlo aprire.
E non c'è niente di più bello del sorriso di un bambino che all'inizio non ne voleva sapere niente di te. Questo succede molto spesso, ed è la cosa più appagante: quando i bambini non vogliono parlarti e darti confidenza e poi invece iniziano a raccontarti tutto ciò che gli passa per la testa.
All'inizio andavamo di stanza in stanza, aiutandoli a mangiare, facendoli giocare con giocattoli, gonfiandogli i palloncini o semplicemente parlando. Poi, grazie ad una donazione, è stata costruita una stanza di giochi in cui portiamo i bambini per fargli leggere delle storie, farli disegnare, colorare, giocare con tantissimi giochi che abbiamo portato. Ad Halloween, Natale e Carnevale si organizzano delle piccole feste. Una volta siamo andati tutti vestiti da pagliacci!
- Immagino che consiglieresti questa esperienza ai tuoi coetanei, giusto? Cosa diresti a chi leggendoti pensa di seguire la tua strada?
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Di farlo subito, ma solo se ne è convinto al 100%, perché è una responsabilità. I malati si aspettano l'arrivo dei volontari ed infatti noi ci dividiamo per giorni in modo che ogni giorno ci sia qualcuno. Se un giorno non arriva nessuno, i malati ci restano male. E' soprattutto questo a fare del volontariato un vero e proprio impegno.
Poi bisogna tener presente che è sempre triste vedere un bambino che cammina portandosi dietro una flebo. Devi ingoiare i nodi alla gola e mostrare sempre il sorriso. Se si è disposti a fare tutto questo, si è già perfetti: i bambini danno una gioia immensa, e spesso sono loro ad aiutare noi, non il contrario.
- Accenni alla tristezza di fronte alla sofferenza dei piccoli. Ti è mai successo di faticare a sorridere di fronte a un bambino in determinate condizioni?
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Sinceramente, ho faticato maggiormente in un'occasione: un bambino che evidentemente moriva dalla voglia di giocare ma non aveva il coraggio di chiedere nessun giochino perché si vergognava e quasi piangeva. In quel caso stavano quasi scendendo anche a me le lacrime. Per quanto riguarda la salute, invece c'è da dire che i bambini di cui mi occupo non hanno malattie gravi: febbre, gastroenterite, tosse. Spesso escono nel giro di pochi giorni e pur malati hanno una vitalità e un'energia incredibili.
Per quanto mi riguarda, non è la salute del bambino a farmi male, ma la sua tristezza, ed è ad essa che posso rimediare. Certo, la prima volta, quando vedi un bambino attaccato ad una flebo ci rimani un po'... ma poi noti che loro stessi si abituano velocemente a questo tubicino, tanto che alcuni lo considerano addirittura un giochino.
- Vuoi dire qualcos'altro a chi ci legge? Anche ai bambini che un giorno potrebbero incontrare una volontaria come te...
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Ai bambini magari vorrei dire di non essere timidi, di non avere paura e di non scambiarci per infermieri! Siamo in ospedale per loro, a loro totale disposizione, facciamo il possibile e l'impossibile per cercare di renderli felici. Se mai doveste incontrarci, abbiate fiducia, non paura :)
- Sei stata gentilissima, grazie per il tuo tempo!
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Grazie a voi per aver parlato di queste iniziative! Saluto tutti i bimbi del Gomitolo e mi auguro di non incontrarvi mai in ospedale! :D :D :D
Ciao da Giulia! :)